Le politiche di Inclusion Management? Più attuali (e preziose) che mai

Le politiche di Inclusion Management? Più attuali (e preziose) che mai

Cosa fa la differenza in uno studio professionale che affronta la Fase 2?

Come sempre, le persone.

Una squadra di persone competenti, motivate e impegnate nel raggiungere obiettivi comuni vitali per la squadra stessa, capace di intercettare e soddisfare le esigenze dei clienti fornendo loro il servizio migliore – anche in momenti complessi come questo.

 

Ha ancora senso, in piena Fase 2, parlare di valori alla base di uno studio professionale?

Certamente. Per almeno due ragioni.

Perché è dimostrato che quando la cultura organizzativa incoraggia ciascuno a esprimersi al massimo del potenziale, a prendere l’iniziativa, a pensare in maniera autonoma, a partecipare, si è motivati a far bene, e si ha fiducia nei propri leader e nel domani.

E poi perché quel che non cambia, anche quando le variabili in gioco sono molte, e non c’è un modo univoco di prevedere il futuro, è proprio la nostra identità. Intendo quel mix di fattori (competenza, spirito di iniziativa, capacità di ascolto e di osservazione, concretezza, flessibilità, accessibilità, abilità di problem solving, cura, voglia di crederci fino in fondo…) che ci rende riconoscibili e un alleato per il cliente. Interno o esterno che sia.

Parlare di valori riporta a chi siamo, anche nella difficoltà, ed è infinitamente più potente che limitarsi a mostrare “chi gli altri si aspettano che dobbiamo essere”.

In più, proprio nella grande fatica che stiamo vivendo tutti, restano i nostri valori a marcare la direzione.

 

Tra questi valori, che ruolo gioca oggi la cultura dell’inclusione?

L’approccio inclusivo porta allo studio vantaggi in termini di efficienza, risultati, welfare, innovazione – esito di autenticità, impegno e flessibilità che le persone mettono a disposizione sentendosi riconosciute come parte della soluzione.

Tutti (studi e professionisti) stiamo riflettendo in questa fase sul nostro progetto professionale.

Professionisti e dipendenti di talento – che sono e resteranno una risorsa scarsa anche dopo il lockdown – possono decidere con chi collaborare e quanto restarci. Creare un ambiente di lavoro dinamico che si arricchisce nelle inclusioni (di genere, di età, di formazione, di orientamento sessuale, di esperienza…) vuol dire, anche a maggio 2020, agire con strategia, scegliere ed essere scelti dalle persone che vogliamo accanto nelle difficoltà, che condividono i nostri valori, che sanno cogliere opportunità nel cambiamento.

 

E in un’ottica di strategia che porti lo studio professionale oltre la Fase 2?

Il groupthinking, ovvero la tendenza nel gruppo a pensarla tutti allo stesso modo, in momenti difficili come quello che stiamo vivendo mostra ancora di più i suoi limiti: inibisce l’approccio critico ai modelli mainstream e, dunque, la nascita di idee alternative davvero “giuste” per noi.

Il fatto è che davanti a problemi nuovi servono nuove soluzioni.

Per cui avere a disposizione un team con background e competenze differenti significa mettersi in gioco per essere attivi, e non reattivi, di fronte al domani.

Significa puntare sul merito, sul talento, sull’esperienza, sulla flessibilità, sulla capacità di visione.

Non solo. La cultura dell’inclusione avvicina ai clienti: rende il consulente “più umano”, “più immerso nella realtà”, e quindi un alleato che comprende davvero aspettative ed esigenze, e che affronta le dinamiche in gioco con te.

Aiuta a essere riconosciuti come compagni di squadra.

 

Cosa può fare, in concreto, uno studio professionale per cogliere questa opportunità?

Moltissimo, in tante direzioni.

In tre parole? Investire sulle persone.

  • Comunicando, condividendo informazioni e allineando aspettative – così mettendo in pratica l’attenzione alla singola risorsa.
  • Adottando policy che facilitano lo smart-working anche quando potremo tornare in ufficio, elaborando modalità di collaborazione e organizzazione che partono dalla cultura dello studio e riconoscono maggiore autonomia di organizzazione e flessibilità ricevendo in cambio produttività e impegno.
  • Formando tutti, collaboratori e dipendenti, per aiutare a navigare questo momento con gli strumenti necessari, senza lasciare indietro nessuno.
  • Introducendo modelli di valutazione della performance davvero rappresentativi del contributo di ciascuno.
  • Responsabilizzando tutti (soci, collaboratori e dipendenti) rispetto all’ambiente di lavoro che contribuiscono a creare e ai comportamenti che tengono: nessun percorso di carriera può ormai prescindere dal rispetto e dalla promozione dei valori della squadra.
  • Puntando sulla sostenibilità sociale ed ambientale (anche appunto attraverso la promozione dello smart-working per collaboratori e dipendenti).

E molto altro si potrebbe dire sulla selezione delle risorse, sul motivare chi c’è, sul sostengo alle famiglie, sui programmi di mentorship

Il lockdown ha reso evidente che oltre le capacità tecniche e di business development contano molto le capacità di organizzare il lavoro (proprio e altrui), di comunicare e affiancare l’altro, di contribuire attivamente ad elaborare e attuare la visione del futuro del team.

 

Cosa comporta, nell’immediato, assumere decisioni di Inclusion Management?

Le azioni illustrate non possono mancare per sostenere la strategia di medio e lungo termine che ciascuna realtà sta elaborando per orientare i propri sforzi e investire sul domani.

Nell’immediato, intraprenderle rinforza la reputazione dello studio, offre al cliente un’immagine dinamica del consulente, capace di ripensarsi e investire anche nella crisi.

In più, per il potere del buon esempio, azioni così contribuiscono a ispirare una cultura più inclusiva, generando anche un impatto positivo sulla comunità.

Tutti aspetti che, anche alla luce di questa faticosa e dolorosa esperienza, nessuno può più permettersi di trascurare.

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