Cosa succede alle organizzazioni che non ascoltano le loro persone?

Cosa succede alle organizzazioni che non ascoltano le loro persone?

Cosa significa davvero ascoltare le proprie persone

Le valutazioni, gli incontri periodici, le scatole per i suggerimenti, le ‘survey‘ e le ‘exit interview‘ sono sempre occasioni preziose per le organizzazioni per ascoltare e raccogliere feedback dalle loro persone.

Sfortunatamente, però, la più parte delle organizzazioni non realizza quanto sia importante anche dare seguito a questa raccolta.

Trascura, di fatto, che le azioni poste in essere a valle di quei momenti sono essenziali tanto quanto il confronto stesso.

In questa intervista, insieme ad Avvocato360 approfondiamo pertanto, da un punto di vista insolito, quello delle organizzazioni

  • cosa implica ricevere un feedback
  • il rapporto tra feedback delle proprie persone e performance assessment
  • il rapporto tra feedback delle proprie persone ed efficacia delle campagne di ‘employer branding‘ e/o di attrazione e cura dei talenti
  • come è essenziale muoversi una volta raccolti i feedback delle proprie persone
  • L’importanza di agire sui feedback ricevuti
  • Come il feedback può migliorare il clima e la collaborazione in team.

Cosa accade nelle organizzazioni quando si trascura di ascoltare “davvero” le persone

La maggior comprensione degli impatti del processo di feedback avvantaggia, in realtà, tutti i soggetti coinvolti (chi dà il feedback, chi lo riceve, team e staff con cui quelle persone collaborano) e facilita il miglioramento della performance dell’organizzazione.

Nondimeno, la reale efficacia di questo processo resta un tema poco indagato e di cui si parla raramente con chiarezza e oggettività, perché farlo implica ammettere la necessità di introdurre cambiamenti cui dare seguito con sistematicità e credibilità.

Ed è più facile per le organizzazioni concentrare la narrazione della propria attività di people management sulla parte positiva e immediata (il “Talk the talk“, l’ascolto) che non sulla parte faticosa e incerta (il “Walk the talk“, il fare qualcosa di diverso da prima).

Non è immediato per le organizzazioni ascoltare le proprie persone attraverso i feedback senza andare sulla difensiva e, anzi, cercando di costruire soluzioni condivise insieme; forse, del resto, non è nemmeno sempre possibile. Perché non ogni momento è buono per affrontare una criticità e per intervenire con efficacia su di essa.

Ma proprio per questo va tenuto presente che ciò che delude maggiormente le persone che non si sentono ascoltate non è che la via d’uscita non si trovi, quanto piuttosto il mancato riconoscimento del valore del contributo apportato aprendosi al confronto. Ovvero, la negazione dell’utilità del contributo stesso.

Diventa dunque urgente imparare a gestire le esternalità positive e negative connesse al processo di feedback, perché il rischio derivante dall’ignorare l’argomento è la sfiducia delle persone (che se ne vanno o restano, ma disinvestono) e l’inutilità dell’intero processo (che prende moltissimo tempo e costa).

Gli impatti del mancato seguito al feedback

Quando si ascolta qualcuno e non si attua quel che viene suggerito, di fatto, si rimanda ulteriormente un cambiamento positivo, dopo averne provocato la consapevolezza. Si sceglie, in sostanza, di aggravare il problema (che ora ha connotati più chiari) proprio attraverso il suo evitamento.

Un approccio simile impatta in maniera devastante:

  • sulla motivazione e sulla soddisfazione delle persone che si sono esposte a dare un feedback;
  • sull’efficacia del processo di performance assessment – perché i soggetti valutati riscontrano che quanto condiviso (in sede di autovalutazione e di presentazione di proposte per sostenere la propria carriera futura) è stato ignorato. Verificano così che non è vero che il contributo di tutti è prezioso, in più, che esporsi in maniera costruttiva e collaborativa può rivelarsi – in un contesto che non premia la proposta di soluzioni – l’occasione per essere riconosciuti come parte del problema (per il fatto stesso di non tacere che il problema esiste);
  • sui risultati di business (in termini di produttività, di business development, di riconoscimento del merito)
  • sull’ambiente organizzativo (e, di conseguenza, sulla possibilità concrete di iniziative di employer branding e talent management e talent retention efficaci, come di convincere le persone che possono fare la differenza restando e continuando a credere nel modo in cui l’organizzazione prospetta di mettere “le persone al centro“)
  • sul benessere nelle mansioni e nelle relazioni di tutti
  • sull’efficacia del processo di ‘exit interview’: trattandosi di un momento di ascolto funzionale esclusivamente per chi resta, se l’organizzazione mostra un approccio falsamente disponibile a ricevere feedback, delude ulteriormente chi se ne va (con costi in termini di reputazione) e chi resta e confidava che ci fosse un’occasione di miglioramento.

Da dove iniziare a fare qualcosa di diverso

Nel team

In realtà c’è molto che si può fare, già a livello di team, subito. A partire dal dedicare attenzione

  1. al problem solving e focalizzarsi sul processo di identificazione, gestione e rimozione dei problemi che sinora non sono stati affrontati;
  2. a come si comunica l’utilità del contributo di ciascuno: in team si può essere trasparenti sul fatto che i feedback saranno usati anche per migliorare l’engagement. Perché chi già lavora nel team non si farà commuovere da campagne ben progettate con slogan efficaci tipo “Le persone al centro”. Vorrà veder migliorate le attività che già si fanno mettendo in campo realmente la possibilità per le persone di sentirsi al centro;
  3. a verificare come si agisce nell’organizzazione oggi di fronte a un feedback, per comprendere (i) cosa non ha funzionato sinora e (ii) cosa può essere fatto di diverso.

A livello di organizzazione

Si è detto che la revisione e il miglioramento del processo di feedback sono cruciali per la talent attraction e la talent retention, molto più che campagne di engagement e brand advocacy che rischiano di non convincere perché suscitano una resistenza maggiore rispetto a un’iniziativa che vuole migliorare quel che c’è, piuttosto che dichiarare di farlo.

Ad esempio, puntare sull’ “Our way” di fare le cose, per citarne una, deve in concreto portare chi già lavora nell’organizzazione a toccare con mano la concretezza e lo sforzo messo in campo per far dialogare e collaborare 6 generazioni e portarle con fiducia nel futuro; altrimenti resta uno slogan.

Come riuscirci? Attraverso

1. Il dialogo aperto

Richiede un allenamento costante al dialogo continuo tra le persone, perché molti faticano a mettere a fuoco in autonomia come connettere il feedback ricevuto e cosa l’organizzazione si aspetta da loro. E l’ assenza di indicazioni chiare porta inevitabilmente a incomprensioni e conflitti interni, più che ad ascolto, confronto e condivisione dei punti di vista.

2. La formazione

E’ essenziale formare chi riceve i feedback su

  • come agire durante il confronto
  • come far sapere che agirà e
  • come dimostrare di aver dato seguito con coerenza a un feedback.

Per quanto utili, infatti, non bastano le indicazioni e gli allenamenti, perché ogni persona porta con sé un approccio al feedback maturato in famiglia, negli anni di scuola, in altre realtà professionali. Di conseguenza, serve preparare tutti  a dare e ricevere un feedback. E a comprendere e valorizzare le aspettative rispetto a una cultura organizzativa che si desidera realmente orientata a favorire fiducia, investimento personale e cambiamento positivo.

La formazione, quindi, è essenziale per sfruttare questa occasione di crescita per tutti.

3. La consulenza

In questo contesto, un’iniziativa volta seriamente a riconsiderazione cosa accade oggi per investire sul coinvolgimento e l’ascolto delle persone beneficia enormemente del confronto con consulenti che riescono, intervenendo da fuori

  • a proporre e sostenere cambiamenti efficaci
  • a stemperare le tensioni esistenti, accumulate negli anni
  • a orientare gli sforzi di tutti verso il benessere nelle mansioni e nelle relazioni attuale e futuro delle persone
  • a valorizzare il senso di comunità, consentendo di superare il mero posizionamento individuale.

Conclusione

Non tutti vogliono far carriera.

Ma tutti vogliamo impiegare al meglio il nostro tempo, sentirci determinanti e raccogliere risultati. Se le organizzazioni si concentrano sul sistemare quel che non va, proprio grazie all’ascolto delle loro persone per mezzo del feedback, hanno in mano uno strumento potentissimo di coinvolgimento e fidelizzazione, oltre che di sviluppo del business. Molto più potente che prospettare aumenti ed incerte evoluzioni di carriera.

Buona visione, e buon allenamento!

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