E’ giunto il momento di guardarsi intorno?

E’ giunto il momento di guardarsi intorno?

Il momento preciso in cui l’incantesimo si rompe

Le ragioni per cambiare team di lavoro possono essere le più varie e, di solito, le mettiamo a fuoco dopo una delusione particolarmente bruciante che, d’un tratto, rende palese e non più ignorabile il disallineamento forte tra le nostre aspettative e quelle dell’organizzazione su di noi.

Che sia un mancato aumento, uno stop di carriera, l’esclusione da progetti importanti per noi, la promessa disattesa di una crescita professionale con un certo ritmo…

C’è un momento preciso, di data certa, in cui decidiamo che vogliamo altro. In cui, disillusi, smettiamo di credere che le cose potrebbero migliorare e, di fatto, cominciamo a scommettere sul problema, perché smettiamo di lavorare alla soluzione. E il problema, quando il nostro contributo viene meno, diventa ai nostri occhi ancora più insostenibile.

Allora, tecnicamente, si parla di

taglio delle perdite

perché si potrebbe continuare a investire, e qualche risultato si otterrebbe pure; ma, di fatto, avendo alzato ormai lo sguardo verso altri orizzonti, quell’investimento sarebbe solo un (ulteriore) spreco.

Ma cosa rende una transizione di carriera efficace?

Quando la motivazione è soprattutto economica

Poche volte il “la” lo dà la sola questione economica, e per fortuna. Per fortuna, perché cambiare lavoro è sempre molto impegnativo, giacché porta con sé 

  • grande incertezza (“sarà davvero come mi hanno raccontato nei colloqui?“, “e come andrà col team?“, “e come si fa carriera?“, “è supportata o ‘punita’ l’attività di BD per clienti miei?“, “come si svolge il processo di performance assessment?” “quanto pesa il fatturato che porto?“, “ce la farò davvero?etc.)
  • fatica per adattarsi (alla nuova realtà, ai nuovi colleghi, al nuovo modo di lavorare, al nuovo spirito di team, ai nuovi ritmi…).

Tanto più quando si rimane nella libera professione, che ammette meno trasparenza su compensi, sui piani di carriera, sul ruolo in squadra, sulle dinamiche tra dipartimenti. I dubbi sono davvero molti, in parte, e non trovano risposta che una volta entrati nella nuova realtà.

Sicché, se la questione sembra anche a un secondo esame solo economica, è funzionale muoversi su due piani:

  • negoziare nella realtà in cui siamo – perché ottenere finalmente quel riconoscimento (il compenso è il modo più immediato e universale di vedere apprezzato il valore che generiamo) farebbe ripartire anche la nostra motivazione e la nostra autostima. Farlo una volta in più, una ultima volta, dà anche la certezza di non lasciare nulla di intentato, e libera da ripensamenti futuri; al contempo
  • verificare che nella nuova dimensione ci siamo altri fattori che sostengano il passaggio (ruolo, equilibrio vita/lavoro, team affiatato, tipologia di lavoro, prospettive di crescita, occasioni di apprendimento…): individuarli e parlarne espressamente durante gli incontri lascia molto meno spazio al caso e al non detto.

Cosa favorisce il successo di una transizione di carriera?

Prima di tutto, respirare e prendere fiato.

Passaggi di questo tipo richiedono sempre tempo, disponibilità, fiducia, autostima, generosità, coraggio, ottimismo

E’ vero che l’anticipazione è potere, ma è ancor più vero che prevedere le mosse (di tutti) è strategico se ci aiuta ad aprire scenari positivi, mentre smarrirci tra i meandri dell’overthinking e di paure più o meno fondate è garanzia di stress e scarso tempismo.

La seconda cosa da fare, quindi, se si è decisi a fare qualcosa di diverso, è verificare se è già davvero giunto il momento di lasciare, se l’esperienza è davvero conclusa, e se i tempi del passaggio possono essere gestiti da noi.

Il vantaggio di riflettere con attenzione sul momento è presto spiegato: non solo previene rimpianti o ripensamenti ma, se colto bene, accende nuova energia e curiosità. Non dimentichiamoci mai che

Come stiamo determina sempre come agiamo e quindi i risultati che otteniamo.

Quindi non c’è transizione di carriera efficace se non curiamo come stiamo e, prima ancora, cosa pensiamo.

Terzo. La buona riuscita di una transizione di carriera è condizionata dall’aver chiaro verso cosa ci stiamo muovendo e quali sono le nostre priorità oggi (se conta cioè l’obiettivo o, se, come a volte accade, conta solo l’andarsene lontano in fretta).

Si tratta di motori alimentati diversamente, con potenza totalmente diversa e che, trasformando energie diverse, portano più o meno veloce, più o meno lontano.

Il che significa, in concreto, che, in alcune fasi della vita professionale, andarsene può voler dire farsi bastare un “lavoro ponte” in attesa di tempi e proposte migliori perché, appunto, andare verso qualcosa, può richiedere un investimento in pianificazione, un passaggio intermedio, o magari due – non solo in nuove skills, networking, consapevolezza e visibilità

Per fare le cose bene serve saperle pianificare, che è anche il modo più sicuro per far accadere.

Che poi, noi… Con chi vogliamo lavorare?

Un aspetto che dal 2022 è sempre più discusso e presente nei passaggi di carriera: per chi lavoriamo, con chi lavoriamo, è fondamentale. Per un verso passiamo molto tempo con quelle persone, per l’altro investiamo nella dimensione lavorativa le nostre risorse (tempo, energie, soldi, fiducia…) con maggior consapevolezza che non nel privato, per cui contano eccome, i compagni di viaggio.

Del resto, non ci può essere benessere nelle mansioni e nelle relazioni se non ci sentiamo coinvolti, visti, riconosciuti, come anche sfidati, valorizzati, e – non certo ultimo – con un futuro.

In più, se dobbiamo portare il nostro contributo, e fare la differenza per un’organizzazione, beh – vogliamo che sia per persone con cui condividiamo valori e visione. Vogliamo potere essere ambasciatori della nuova realtà, non vergognarci di averla scelta. Vogliamo quindi comprendere come il nostro ingresso, e il nostro lavoro, genereranno l’occasione di fare la differenza (nel team, tra i competitor dell’organizzazione, con il cliente).

Rendere efficace una transizione di carriera

Lasciare un’organizzazione per entrare in un’altra non è mai questione da poco, e richiede le nostre energie migliori anche per fare l’impressione che teniamo a fare nei primi 3 mesi in cui imparano a conoscerci. Tenendo ben presente che

Non c’è mai una seconda occasione di fare una buona prima impressione

– O. Wilde

Un passaggio di carriera comporta anche, ed è prezioso realizzarlo prima, passare dall’essere molto esperto dell’ambiente che si lascia ad avere bisogno di moltissime informazioni che non si sa come ottenere – perché le organizzazioni hanno dinamiche loro che non necessariamente prevedono chiarezza sul punto.

Cambiare sarà poi anche l’occasione di trovare il modo di collaborare con persone che non si conoscono ancora e con le quali, potenzialmente, non si condivide un background e un metodo – situazione ancora più evidente quando, ad esempio, si passa dalla libera professione all’azienda.

E, forse prima di tutto, cambiare davvero significa riuscire ad accettare gli errori che si sono fatti e lasciarli dove sono, nel passato, senza portarseli sempre dietro come massi nello zainetto dell’esperienza.

In questa prospettiva, è importante non sottovalutare l’importanza del ricevere feedback e supporto esterno durante questo processo di transizione, perché il costo del trascinarsi vecchie convinzioni di inadeguatezza e paure sedimentate in anni di riflessioni in solitudine, è alto da pagare. Considerare di far riferimento a un mentore, a un ex collega, come anche di lavorare con un consulente di carriera esperto nel settore legale può fare molta differenza.

Siccome ho molta fretta, vado molto piano

In conclusione, mi torna in mente una frase che attribuiscono a Napoleone: “Siccome ho molta fretta, vado molto piano”. Cambiare lavoro, carriera, organizzazione… Insomma, una transizione di carriera sarà efficace soddisfacente quando, pur esser giunto il momento di non investire oltre, riusciremo ad ascoltarci e mantenere nutrita la fiducia in noi stessi e nelle nostre capacità.

Chiedere, confrontarsi, fare quel passo in più per conoscere e farsi conoscere aiuta. Non si vince mai soli. E aiuta farlo già prima di lasciare la vecchia realtà, come anche dopo esser entrati nella nuova. Perché non è chiaro quanto tempo prenderà progredire nel nuovo ambiente di lavoro, ma è chiarissimo che ne prenderà di più se aspettiamo che le cose accadano e si allineino da sole, per giunta a nostro vantaggio.

 

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