Il costo-opportunità delle nostre scelte professionali

Il costo-opportunità delle nostre scelte professionali

Perché parliamo di costo-opportunità anche rispetto alla carriera?

Un aspetto spesso non considerato, nell’ambito delle scelte professionali, è il costo che si paga rinunciando alla miglior alternativa.

Abituarsi a ragionare in termini di costo-opportunità rispetto alle decisioni (piccole e grandi) che si prendono nella propria carriera aiuta a mettere a fuoco la contropartita che la scelta ci chiederà di saldare. Di più: riflettere molto sui ‘trade-off‘ non aiuta solo a prendere decisioni più consapevoli: consente di allenarsi a costruire un percorso professionale allineato con i propri valori personali, e a esser pronti a cambiare rotta quando la direzione presa in passato si rivela un vicolo cieco.
Prevenendo al contempo la delusione connessa al delegare all’organizzazione la definizione e la realizzazione delle proprie priorità.

I vantaggi

Questo accade perché in concreto un approccio più consapevole rispetto ai costi che si pagano nelle scelte connesse alla vita professionale facilita il negoziare per sé con soddisfazione sapendo

  • dosare il proprio tempo e il proprio impegno
  • valorizzare il proprio contributo
  • rispettare (e far rispettare) i propri limiti
  • orientare la propria crescita e, passo dopo passo, arrivare a
  • scegliersi progetti/collaboratori/clienti.

Costi e opportunità di una carriera negli studi professionali

Nel contesto degli studi professionali, questa abilità diventa tanto più necessaria perché ci si muove in una dimensione che, in sostanza

  1. Prospetta il diventare Equity Partner come unico vero modello di successo – sebbene sia evidente che in un team non sia desiderabile, né sostenibile, che ci siano solo Partner
  2. Non offre certezze sul medio-lungo termine, spesso nemmeno a chi ha un proprio portafoglio di clienti
  3. Non rivela le regole del gioco: non tutte, non a tutti, non subito… Regole che, peraltro, cambiano spesso in corsa e ammettono un sacco di eccezioni (più o meno esplicite ed esplicitate)
  4. Scontenta molti, come dimostra il malessere diffuso negli studi professionali (spesso evidentissimo, nonostante le iniziative per mettere le persone al centro).

Il costo-opportunità del percorso per diventare Equity Partner

L’esempio più intuitivo: ambire alla partnership in un certo studio. Quanto vale per te raggiungere la partnership in quel determinato studio? A cosa sei disposto a rinunciare per farcela? Entro quando vuoi diventarlo? Quanti anni di investimento sei disposto a prevedere? Quanta vita? Quanti sacrifici? Quanta passione? Oltre quale età non varrà più la pena provarci? Che poi, lo sappiamo, la partnership non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza. Di una dimensione che ha tutte regole sue che vanno apprese, come se si accedesse a un nuovo livello del videogioco, sbloccato proprio per noi. Quindi… Altra domanda. Per quanti anni vuoi essere partner in un certo studio? A quali condizioni?

Puntare a diventare partner implica, pertanto, valutare attentamente

➡️ Cosa significa per noi la partnership, a prescindere dal contesto (e quindi anche cosa faremmo e faremo, una volta partner, in studio e fuori)?

➡️ Quali risorse si è disposti a mettere in campo, posto che la partnership è il punto di partenza di un gioco totalmente nuovo e impegnativo, che si impara giocando e che, di fatto, non ha regole scritte?

➡️ Cosa si vuole ottenere tramite la partnership, quindi anche quando lo si sarà ottenuto e cosa si farà una volta che lo si sarà ottenuto?

Le domande potenti

A queste domande se ne affiancano inevitabilmente altre – che consentono davvero di comprendere che cosa significa una determinata scelta professionale:

  • Quanto vuoi guadagnare tra i 30 e i 35?
  • Che stile di vita vuoi avere?
  • Dove vuoi vivere? Con chi? Chi si occupa di cosa?

E lo stesso deve essere chiaro tra i 35 e i 40, tra i 40 e i 45, eccetera…

Come deve essere chiaro verso i 60, per comprendere che dinamiche si vogliono vivere, e dove, nell’ultima fase professionale.

Perché non pensiamo alla nostra carriera in termini di “costo-opportunità”?

Queste riflessioni non sono – immediate, – e neanche diffuse, se infatti spesso accade che ci si sottoponga al processo di valutazione avendo in mente lo step di carriera e non il bonus che si vuole ottenere. Questo accade per più ragioni. Vediamone alcune insieme.

1. Le dinamiche in studio

Innanzitutto, le dinamiche di carriera negli studi professionali sono al contempo poco chiare e totalmente assorbenti.

Tante persone che stimiamo, che ci fanno da modello o ci sono pari, sottostanno a quelle regole (per lo più non scritte), e quindi è naturale accettarle. Non si chiede, né ci si aspetta, di sapere e capire tutto. E diventa naturale, ad esempio, cominciare a pensare che il job title interno conti di più del compenso – cosa inspiegabile, a chi non vive queste dinamiche.

2. “Up or out“?

Tanto più che l’ambiente di studio, vissuto così tanto, porta ad un senso di appartenenza talmente forte che spesso ci si sente ingabbiati in un “up or out”: o cresci o esci.

Questo accade anche perché

chi sceglie la libera professione difficilmente viene formato a curare la propria carriera, i suoi tempi e le sue dinamiche.

Sicché, la delusione di un mancato riconoscimento può essere dirompente. Infatti, in un sistema poco chiaro di valorizzazione del contributo delle persone – è molto disorientante, e doloroso, non avanzare nel percorso definito di carriera. Smarrisce.

3. Gestire c.d. “lavori ingordi”

E questo accade anche perché le libere professioni in Italia sono sicuramente “greedy job“, “lavori ingordi”, secondo la definizione dell’economista Claudia Goldin, premio Nobel 2023. Richiedono un impegno totalizzante (ben più delle classiche 8 ore) e danno un’identità – che si ottiene investendo ogni risorsa nel lavoro per 10, 15 anni. Per cui sono anche lavori difficili da lasciare perché per arrivarci si è pagato un alto prezzo personale ed economico.

Conclusioni

Proprio in questo contesto, alla luce delle considerazioni condivise, ha senso ragionare in termini di ‘trade-off‘ tra obiettivi incompatibili, e quindi di “costo-opportunità” quando si parla di scelte professionali.

Diversamente, è difficile credere di aver preso decisioni davvero ponderate e davvero nostre.

E soprattutto è difficile credere di poter avere il controllo sulla propria carriera, quando invece è possibile e, anzi, occasione di soddisfazione.

Buona visione!

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