“I giovani d’oggi voglio tutti lo smart-working”. Già. E se sono consapevoli…

“I giovani d’oggi voglio tutti lo smart-working”. Già. E se sono consapevoli…

Oggi i giovani vogliono tutti lo smart-working…

Questa è la frase che si sente veramente troppo spesso quando si cerca di comprendere cosa fare per attrarre i giovani negli studi professionali. Allude al fatto che le aspettative della nuova generazione che si affaccia al mondo del lavoro esorbitino di gran lunga il loro contributo. Niente di più falso.

E fermarsi a comprendere cosa fare di diverso è essenziale per costruire un dialogo intergenerazionale efficace, che garantisca la sostenibilità degli studi professionali (che, per definizione, dovrebbero sopravvivere ai loro fondatori).

Cosa è essenziale fare per avere nuovi professionisti in team?

I giovani consapevoli del contributo che possono portare alla squadra vogliono conoscere

➡ il processo di definizione, attribuzione e verifica (anche nel corso dell’anno) degli obiettivi
➡ i criteri di valutazione della performance (scritti, che stiamo tutti più tranquilli)
➡ se, come e quanto è valorizzato il business development (che se per portare i clienti in studio finisce che ci perdo…)
➡ il compenso e le prospettive di carriera dei pari ruolo (la mancanza di trasparenza, lo sappiamo tutti, genera mostri)
➡ i numeri degli anni precedenti – fatturato, incassato, bonus…
➡ l’organigramma – ruoli, incarichi, aspettative
➡ il piano di successione nella leadership (sì, ci deve essere, anche nei team)
➡ … (no, non finisce qui la lista).

Continuare a pensare che si sceglieranno i migliori collaboratori trascurando di dare loro gli strumenti per comprendere i meccanismi della libera professione e scegliere una propria idea percorribile e soddisfacente di successo è miope. E fallimentare.

La cultura del lavoro in voga ha portato qui.

Il tema non è che “i giovani” vogliono tutto, è che la cultura del lavoro in voga ha portato qui.

Il tema, quindi, non è generazionale nel senso “Ai nostri tempi sì, che …“, bensì nel senso che vale la pena di verificare, per la sostenibilità reale dello studio professionale, l’attrattiva e la tenuta di decisioni come

🤔 far firmare al professionista una “lettera di incarico” che lo vincola a non parlare di compensi con i colleghi
🤔 chiamare “anticipi” i compensi mensili per veicolare l’idea che la parte cospicua del compenso si otterrà a quando si tireranno le somme dell’anno, senza nemmeno chiarire cosa accade se l’anno va male
🤔 attenersi a un sistema di monitoraggio delle prestazioni che non valorizza altro (nei fatti) che la quantità delle ore fatturate al cliente
🤔 cambiare gli obiettivi in corso d’anno, comunicandolo per giunta solo in sede di valutazione finale
🤔 cambiare i criteri di valutazione della performance (“Quest’anno abbiamo privilegiato il fatturato”, cit.) a insaputa del valutato
🤔 allungare il percorso di carriera senza chiarire in maniera univoca ruoli e possibilità di movimento tra gli stessi

🤔 … (questa lista è molto più lunga, ma in sostanza il concetto è: coltivare nel professionista aspettative che si sa già che saranno deluse – e tradite).

Si sceglie il campione, lo si allena e lo si fa scendere in campo.

Attenzione. Sta all’organizzazione decidere se vuole il campione, come allenarlo e quali partite fargli giocare.
Il mondo legale cambia con noi.

#theUnsaid🖤

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